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Buccia e fitofarmaci: come mangiare frutta e verdura?

pic nicEstate, caldo, spiaggia, passeggiate in montagna…voglia di frutta fresca e insalate di verdura mista.

Chi, per pigrizia, si limita a lavarla con dell’acqua e chi, invece, leva meticolosamente ogni traccia di buccia. Cosa c’è sulla buccia della frutta e della verdura che quotidianamente, da bravi praticanti della dieta mediterranea, portiamo sulle nostre tavole? È davvero importante eliminarla o non è poi così pericolosa per la nostra salute?

I fitofarmaci, pesticidi, sono largamente utilizzati nella coltivazione di frutta, verdura, mangimi, tuttavia il principio attivo degrada e diviene inefficace prima che il frutto giunga nelle nostre mani. Infatti, per ogni pesticida è previsto un determinato periodo di tempo (una, due settimane solitamente) prima del quale l’agricoltore non può raccogliere il frutto, e passato il quale rimangono solo alcune sostanze, i residui, che per legge non possono superare un certo quantitativo massimo consentito (LMR).

Secondo un’indagine dell’EFSA del 2013, che ha raccolto e analizzato campioni provenienti dai 27 Paesi dell’Unione, più Norvegia e Islanda, il 97,4% dei prodotti alimentari europei contiene residui chimici entro la soglia consentita.

Oltre la metà dei campioni analizzati, precisamente il 54,6%, non conteneva alcun residuo, con una diminuzione rispetto alla precedente indagine condotta sui medesimi prodotti nell’anno 2010. Tra la frutta, la presenza maggiore di pesticidi è riscontrata su mele, pesche, lattuga, uva e fragole (l’uva necessita di diversi tipi di pesticidi e di trattamenti spesso reiterati, per combattere la peronospora, e le fragole, crescendo a terra, sono le più esposte alle minacce di parassiti e insetti). L’Efsa precisa che il vero pericolo per la nostra salute non è la presenza, ad esempio, di diverse varietà di pesticidi, bensì la loro concentrazione sul prodotto.pesticidi 1

Dal rapporto dell’Efsa emerge l’assenza (o quasi) di residui chimici sulla carne di maiale (il 97,6% dei campioni è risultato privo) e il latte di mucca (il 92,2% dei campioni totalmente senza residui). Anche per il cavolo cappuccio ci sono buone notizie, con il 76,4% dei campioni senza pesticidi.

Le coltivazioni con metodo biologico hanno dato prova di utilizzare davvero meno pesticidi rispetto a quelle tradizionali, con il 15,5% di tracce di fitofarmaci contro il 44,4% del non biologico, di cui lo 0,8% supera la soglia consentita (a fronte del 2,7% del non biologico). senza dimenticare che, spesso, le coltivazioni biologiche risentono della vicinanza di coltivazioni tradizionali, i cui pesticidi possono essere assorbiti a causa del vento o della contaminazione involontaria, di fatto impedendo che quei prodotti siano venduti come biologici.

L’abitudine di sbucciare la frutta resta una buona regola igienica, ma nulla può contro i cd pesticidi sistemici che non restano in superficie ma vengono assorbiti dalla pianta e così veicolati fino al frutto. Levare la buccia servirebbe a ben poco.   L’Unione europea riconosce l’importanza di un costante monitoraggio dell’utilizzo degli antiparassitari più comuni relativamente ai prodotti alimentari che costituiscono la base della dieta alimentare europea, per valutarne l’incidenza sui consumatori.

Il 29 aprile 2016 è stato pubblicato il Reg. di esecuzione (UE) n. 662/2016 della Commissione “relativo a un programma coordinato di controllo pluriennale dell’Unione per il 2017, il 2018 e il 2019, destinato a garantire il rispetto dei livelli massimi di residui di antiparassitari e a valutare l’esposizione dei consumatori ai residui di antiparassitari nei e sui prodotti alimentari di origine vegetale e animale”. pesticidi 2

Esso abroga il precedente Reg. di esecuzione (UE) n. 595/2015 (che continua comunque ad essere applicato ai campioni esaminati nel corso del 2016) ed entrerà in vigore il 1 gennaio 2017. L’art. 1 del Regolamento prevede che “Gli Stati membri prelevano e analizzano, nel corso degli anni 2017, 2018 e 2019, campioni delle combinazioni di antiparassitari/prodotti figuranti nell’allegato I.” E così, nell’allegato I, nel 2017 ad esempio sono contemplati arance, kiwi, pere, cavolfiori, carote, patate, cipolle, fagioli… nel 2018 uve da tavola, banane, pompelmi, melanzane, meloni, broccoli, peperoni, funghi coltivati… nel 2019 mele, fragole, pesche, vino, lattughe, pomodori, spinaci…

Pare, in ogni caso, che la parte della frutta più ricca di vitamine e minerali sia proprio la buccia!

 

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