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materiali-3Apriamo un dossier delicato, quello della sicurezza alimentare. Quando parliamo di sicurezza alimentare pensiamo immediatamente alla qualità delle materie prime, alla loro provenienza e, successivamente, all’ambiente in cui vengono prodotte, lavorate e confezionate. Difficilmente pensiamo prima di tutto alla sicurezza dei materiali a contatto con gli alimenti. Eppure, a seconda della composizione e delle proprietà, i diversi materiali a contatto con gli alimenti possono comportarsi negativamente. In questi casi le sostanze chimiche provenienti da questi materiali potrebbero mettere in pericolo la salute o modificare la composizione dei prodotti alimentari.

Qualche dato normativo: diciassette è il numero totale di materiali annoverati fra i cd. “M.O.C.A.” (i materiali utilizzati per il packaging, nonché stoviglie, contenitori ed gli utensili che prevedono il contatto con alimenti); con questo numero si ricopre tutta la gamma di materiali che normalmente finiscono per andare a contatto con i cibi.

Attualmente, solo quattro dei diciassette materiali a contatto con gli alimenti sono coperti dalle misure specifiche sulla sicurezza previste dalla normativa quadro dell’Ue vigente, e precisamente: plastica, ceramica, cellulosa rigenerata, e i cd. “materiali attivi intelligenti”.

Gli altri tredici materiali censiti sono privi di una copertura normativa europea, in altre parole non hanno ancora superato o non sono stati sottoposti ai test che ne comprovino la sicurezza per la salute pubblica, benché il loro utilizzo sia permesso.materiali-2

Vediamo quali sono e come ci si comporta con essi. Innanzitutto si possono annoverare: gli adesivi, le gomme naturali, il vetro, i metalli, la carta e il cartone (si pensi banalmente ai più comuni quanto diffusi imballaggi per la pizza da asporto), gli inchiostri, gli smalti, le vernici, oltre ai prodotti tessili ed il legno. Si tratta in tutti questi casi di materiali che normalmente possono essere impiegati per la fabbricazione di contenitori per il cibo, o per un utilizzo a contatto con esso, e che purtroppo ad oggi non risultano ancora regolamentati nella maniera appropriata.

Ciò significa che se alcuni paesi prevedono standard elevati per l’utilizzo di queste particolari sostanze nella produzione dei materiali, altri ne hanno di molto più bassi, e non si può in tal senso parlare di sicurezza unica a livello di mercato europeo.

I rischi per la salute. Si è segnalata la mancanza di adeguata informazione scientifica riguardo ad alcuni materiali e sostanze contenute nei materiali, come ad esempio gli interferenti endocrini oppure il bisfenolo A (BPA), che hanno un certo grado di pericolosità in quanto è dimostrata una correlazione a malattie croniche, a problemi riproduttivi, a disturbi metabolici, oltre che ad allergie e problemi legati allo sviluppo neurologico. Sono stati condotti studi specifici, che proverebbero un potenziale pericolo per la salute dei consumatori e per la conservazione della qualità degli alimenti. Il rischio si profila sia in forma diretta, con interferenze delle specifiche sostanze sulla salute degli esseri umani, ma anche in via indiretta, nel caso di sostante inquinanti sull’ecosistema, e relative ripercussioni sulla salute dei cittadini.

materialiGiovedì scorso si è votata alla Camera una risoluzione non vincolante, per chiedere una normativa europea più stringente in tema di sicurezza alimentare, con riferimento ai materiali in questione.

L’intervento della Commissione ambiente era mirato all’inserimento nell’atto parlamentare di criteri più rigidi rispetto a queste tematiche, e concretamente si chiede una normativa che garantisca un livello maggiore di sicurezza su queste sostanze, mediante l’armonizzazione dell’ attuale legislazione.

Il 14 settembre 2016 l’Efsa ha comunicato ufficialmente la conclusione dei lavori di riesame di tutti i coloranti alimentari già autorizzati nell’Unione europea prima del 2009, che hanno impegnato l’autorità scientifica per ben sette anni, per rivalutare e riesaminare la sicurezza degli additivi e le fonti di sostanze nutritive aggiunte agli alimenti, in conformità ai nuovi risultati scientifici via via elaborati negli anni, ed anche provvedendo in alcuni casi ad aggiornare la dose giornaliera ammissibile.

dolciumi-2jpgInfatti, come afferma in una recente intervista Ruud Woutersen (vicepresidente del gruppo di esperti scientifici sugli additivi alimentari e le fonti di sostanze nutritive aggiunte agli alimenti –ANS- e presidente del gruppo di lavoro di riesame) la Commissione europea ha incaricato l’EFSA di valutare entro il 2020 tutti gli additivi autorizzati prima del 20 gennaio 2009, quindi molto tempo addietro, per verificare la conformità e l’idoneità ai nuovi dati scientifici e tecnici emersi negli anni, sempre col fine principale della sicurezza alimentare e della tutela del consumatore. Sulla base dei nuovi risultati elaborati dall’Efsa, la Commissione europea e gli Stati membri dovranno valutare se mantenere un additivo nell’elenco di quelli autorizzati, ovvero cancellarlo, oppure modificarne le condizioni di utilizzo.

Le valutazioni scientifiche fornite dall’EFSA nel lavoro di periodico aggiornamento e coordinamento ha portato, ad esempio, ad abbassare il livello di DGA per molti coloranti alimentari, e a ritirare dal mercato il colorante Rosso 2G (E 128) nel 2007 (in quanto considerato, in base ai nuovi dati scientifici emersi dagli studi di quel periodo, non sicuro per l’uomo).

Nel corso di questi sette anni di lavori, in particolare, sono stati condotti studi specifici su 41 additivi alimentari, concludendo con il riesame del biossido di titanio (E 171)[1].dolciumi

Gli esperti dell’Efsa hanno stabilito che i dati emersi non indicano preoccupazioni per la salute dei consumatori, e che l’esposizione alla sostanza tramite l’assunzione orale non rappresenta un problema per la salute.

Il margine di sicurezza[2] per i bambini, considerati la fascia di popolazione più esposta, in quanto forti consumatori appunto dei prodotti dolciari e di pasticceria in cui il biossido di titanio è molto utilizzato, è di circa 150, mentre è anche di molto superiore per la maggior parte degli altri casi. Tuttavia, permangano dubbi circa possibili effetti di tale colorante sul sistema riproduttivo, per cui rimane necessario proseguire indagini specifiche.


[1] È un pigmento molto usato in pasticceria e nella panetteria, nei dolci e nelle bevande, presente anche nelle salse e nei cosmetici, che dona un effetto opaco e conferisce o ravviva il colore.

[2] Il “margine di sicurezza” è un parametro calcolato dagli esperti che devono valutare il rischio alimentare, e generalmente non desta preoccupazione se è pari a 100 o superiore.

miele-4Una lettrice ci ha sottoposto un interessante quesito riguardo l’etichettatura del miele.

È possibile, senza incorrere in irregolarità, indicare in etichetta la dicitura “senza glutine” quando l’alimento in questione, il miele, è di per sé naturalmente privo di glutine?

Dobbiamo fare riferimento, per la disciplina europea delle informazioni sugli alimenti ai consumatori, al noto Reg. UE n. 1169/2011, di cui abbiamo recentemente dato una panoramica generale su questo blog, che prevede indicazioni obbligatorie e indicazioni volontarie.

In particolare, l’art. 9, comma 1, lett. c) del Regolamento prevede, tra le indicazioni obbligatorie sugli alimenti, che debba appunto essere adeguatamente evidenziato (con le modalità date dalla normativa medesima) “qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata”.

Le informazioni di cui all’art. 9 possono essere fornite anche su base volontaria, come espressamente sancito dall’art. 36, il quale specifica tuttavia che le informazioni volontarie “non inducono in errore il consumatore, come descritto all’art. 7”.

Parrebbe sin qui lecito e regolare indicare, volontariamente, sull’etichetta di un barattolo di miele (naturalmente privo della sostanza allergenica glutine, e quindi esente dall’obbligo di cui all’art. 9, comma 1, lett. c) la dicitura “senza glutine”.

Non abbiamo, però, ancora visto cosa stabilisce l’art. 7 sulle pratiche leali di informazione!

La norma dispone infatti che le informazioni sugli alimenti non inducono in errore il consumatore “suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive”.

Ebbene, poiché tutto il miele è privo di glutine per sua stessa composizione chimica ed organica, specificare tale assenza in etichetta finirebbe proprio per violare l’art. 7, lett. c), e quindi determinare l’irregolarità dell’informazione fornita al consumatore.miele-5

Tutti gli alimenti analoghi a quello in questione sono privi di glutine, non è una caratteristica particolare di questo tipo di miele, ed evidenziare esplicitamente l’assenza dell’allergene può indurre in errore il consumatore e così esporre l’operatore del settore alimentare responsabile (individuato ai sensi dell’art. 8 del Regolamento) alle relative sanzioni.

Ancora, in tema di miele e mieli, consigliamo la lettura del D. Lgs. n. 179 del 21.05.2004 di attuazione della Direttiva 2001/110/CE concernente la produzione e la commercializzazione del miele, e della Legge di delegazione europea 2015 sull’indicazione dell’origine del miele.

 

Il Rapporto Waste Watcher 2016 (l’Osservatorio permanente sugli sprechi alimentari delle famiglie italiane prodotto da Last Minute Market) rileva che ogni famiglia italiana getta al vento in media 6,7 € in sprechi alimentari, di uso domestico quindi. La catena degli sprechi, che parte dal cibo che gettiamo nella spazzatura, coinvolge conseguentemente il problema dello smaltimento dei rifiuti e così anche quello delle risorse naturali e dell’ambiente.

Grazie ad un’indagine condotta sulle famiglie italiane del 2015, si può affermare che lo spreco di cibo domestico reale è circa il 50% superiore a quello percepito e dichiarato nei sondaggi. Sprechiamo più cibo di quanto crediamo.

packaging-2Molte associazioni si stanno muovendo attraverso attività di sensibilizzazione per ridurre gli sprechi alimentari (ad esempio Last Minute Market, che qualche mese fa ha presentato a Roma una nuova campagna europea, Slow Food che da sempre combatte contro questa problematica, Fondazione Enpam).

L’aspetto dell’imballaggio dei prodotti alimentari riveste un ruolo importante.

Dal citato Rapporto Waste Watcher 2016 emerge che l’85% dei consumatori è a conoscenza della fondamentale importanza dell’imballaggio rispetto alla conservazione o deperibilità del prodotto: per il 64% il confezionamento è addirittura “indispensabile” e per il 93% il packaging viene scelto sulla base della sua funzionalità e della possibilità di riutilizzo (per quest’ultimo aspetto, il 53% si dichiara disposto a pagare un prezzo maggiore per imballaggi che aumentino la probabilità di utilizzo del prodotto, e così ridurre lo spreco).

Infatti il packaging è uno degli strumenti fondamentali per ridurre lo spreco di alimenti.

Fondamentale diventa la scelta dei materiali.packaging

Per il futuro si parla di materiali naturali, biodegradabili o addirittura essi stessi commestibili limitando la percentuale di carta e plastica.

Il programma Horizon 2020 dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione ha stanziato nuovi finanziamenti per sostenere lo sviluppo di soluzioni sostenibili di packaging alimentare. Il programma di lavoro per il biennio 2016-2017 è dedicato al tema della “Sicurezza alimentare, agricoltura sostenibile, ricerca marina e marittima, bioeconomia”, punta alla realizzazione e commercializzazione di soluzioni eco-innovative che insieme favoriscano lo sviluppo delle condizioni sociali, economiche e ambientali. La Commissione europea finanzierà i progetti fino al 70% dei costi ammissibili, e acoglie richieste di contributo fino a 6 milioni di euro. Il relativo bando sarà attivo ad ottobre 2016, con termine sino a febbraio 2017 per la presentazione delle domande.

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L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV)[1] è in grado di influenzare, con i propri studi e le proprie ricerche (attualmente è in vigore il Piano Strategico 2015-2019 e il relativo Programma di Lavoro annuale 2016), la produzione normativa dell’Unione europea in ambito vitivinicolo.

vinoAlla OIV sono riconosciute specifiche competenze in materia di vigna, vino, bevande a base di vino, uve da tavola, uve passa e altri prodotti della vigna e i suoi lavori sono tali da incidere sull’intero assetto europeo e non solo, sia dal punto di vista normativo, sia dal punto di vista scientifico in senso stretto, ed anche per quanto riguarda aspetti di tutela e protezione dei consumatori e della salute.

Ed infatti, la OIV può pubblicare risoluzioni ufficiali adottate su consenso dall’Assemblea generale degli Stati membri, poi redatti in diverse lingue data la rilevanza e la portata rivestita; altresì ha adottato il Codice Internazionale delle Pratiche enologiche, contenente le definizioni dei prodotti vitivinicoli, delle pratiche e dei trattamenti enologici, e che costituisce un riferimento tecnico per l’emanazione delle normative nazionali o sovranazionali e negli scambi internazionali.

Le mutate esigenze di mercato e i cambiamenti avvenuti nel tempo a livello scientifico ed economico del settore del vino, e di quelli ad esso connessi, hanno reso necessario aggiornare le disposizioni contenute nell’Allegato IA del Reg. CE n. 606/2009[2], che descrive nel dettaglio, mediante apposite tabelle, le diverse pratiche enologiche autorizzate, e le relative eventuali condizioni e limiti di utilizzo.

La stessa OIV contribuisce ad alimentare questa esigenza di revisione normativa. Ha infatti individuato tre nuove pratiche enologiche che ha poi descritto e pubblicato in alcune proprie risoluzioni, di cui l’Unione Europea ha tenuto conto (adeguando le disposizioni normative agli gli sviluppi tecnologici rappresentati dalla OIV), valutando tutti i requisiti e gli aspetti necessari per poterle inserire tra quelle autorizzate già previste.enologiche-3

Le tre nuove pratiche enologiche adottate dalla OIV riguardano:

  • L’utilizzo di attivatori della fermentazione malolattica
  • Il trattamento del vino mediante glutatione
  • Il trattamento del mosto mediante glutatione

In esito a tali sviluppi tecnologici, la Commissione Europea ha ritenuto “opportuno modificare di conseguenza il Reg. CE n. 606/2009” ed è stato emesso il Reg. CEE/UE n. 765/2016[3] che prevede un’integrazione della tabella dell’Allegato IA (aggiunta la riga 56) e la conseguente aggiunta di un’Appendice.

Occorre precisare che delle tre nuove pratiche, soltanto quella relativa all’utilizzo di attivatori della fermentazione malolattica è stata contemplata dalla nuova normativa, riconosciuta come autorizzata, e quindi inserita nell’Allegato IA, mentre le altre due sono ancora oggetto di valutazioni scientifiche da parte dell’EFSA.  Per quanto riguarda il glutatione, esso viene utilizzato quale additivo alimentare ma non è attualmente previsto nell’elenco degli additivi alimentari autorizzati di cui all’Allegato II del Reg. (CE) n. 1333/2008, e pertanto, non essendo ad oggi autorizzato a livello europeo, ne deriva che il suo utilizzo come pratica enologica non può essere ammesso.

Dobbiamo dunque attendere il parere dell’EFSA che, se positivo, consentirà di inserire il glutatione nell’elenco europeo degli additivi alimentari autorizzati, e le due relative pratiche enologiche potranno comparire nell’Allegato IA del Reg. n. 606/2009.


enologiche-1[1] Struttura intergovernativa di natura scientifica e tecnica istituita con Accordo del 3 aprile 2001 (in vigore il 1 gennaio 2004) ad oggi composta di 46 Stati membri e una quindicina di Osservatori (diverse organizzazioni di settore e territori) che possono assistere ai lavori.

[2] Regolamento CE n. 606 del 10.07.2009 della Commissione, recante alcune modalità di applicazione del Reg. CE n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le categorie di prodotti vitivinicoli, le pratiche enologiche e le relative restrizioni. Prevede, infatti, l’art. 1: “Il presente regolamento reca modalità di applicazione del titolo III, capi I e II, del regolamento (CE) n. 479/2008”.

[3] Regolamento delegato UE n. 765 dell’11.03.2016 della Commissione, pubblicato il 18.05.2016, in applicazione del Regolamento UE n. 1308/2013 sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, che appunto conferisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati.

Ci siamo già occupati del commercio on line dei prodotti agroalimentari, pubblicando tempo addietro un articolo sull’argomento, riportando dati ma anche segnalando come le vendite sul web debbano essere adeguatamente controllate e, fortunatamente, come il nostro Paese abbia già avviato intese e collaborazioni con Alibaba ed E-bay per garantire controlli efficaci.

alibabaUn anno fa il Governo ha siglato un accordo con il portale cinese Alibaba Group per promuovere le eccellenze agroalimentari del nostro Paese e contrastare le falsificazioni, a conclusione di un progetto iniziato a Vinitaly dello scorso maggio.

I termini principali dell’accordo sono tutela e promozione.

Sul fronte della tutela l’Italia è l’unico Paese al mondo ad avere garantito ai prodotti di qualità (Dop e Igp) la medesima tutela dei brand commerciali sulla piattaforma e-commerce.  La collaborazione con Alibaba è iniziata nel 2015 e in un anno ha dato già ottimi risultati, soprattutto consentendo di bloccare tempestivamente la vendita di prodotti contraffatti come falso Parmigiano e falso Prosecco, e che ora viene estesa dalla piattaforma b2b, accessibile solo alle aziende, a quella b2c, relativa agli scambi con i consumatori.  Sostanzialmente, l’Ispettorato repressione frodi provvede a segnalare ad Alibaba i casi di prodotti contraffatti, ed entro 3 giorni le relative inserzioni presenti sul sito vengono rimosse, con tempestiva comunicazione ai venditori.

L’accordo è importante anche sul piano della promozione, e prevede attività di educazione e formazione dei venditori sulla storia e sull’identità dei prodotti italiani di qualità e sulle zone geografiche di riferimento. Ad esempio, per il 9 settembre è già prevista la prima giornata del vino su Alibaba, presentata dallo stesso Jack Ma allo scorso Vinitaly. Il vino è tra i principali prodotti venduti sulla piattaforma cinese, ed in pochi mesi le aziende italiane sono diventate 50, con l’offerta di oltre 500 etichette.

alibaba 2

 

Forse pochi sanno che in Italia esiste una Legge che promuove l’inserimento dei minori e delle persone disagiate e svantaggiate mediante l’attività agricola e le attività connesse, creando spazi di educazione ambientale e terapeutici come le fattorie didattiche, gli agri asilo, l’ippoterapia.agricoltura sociale

Si tratta della L. n. 141, entrata in vigore il 23 settembre 2015, “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”, che intende fornire strumenti e incentivi alla solidarietà, alla salvaguardia della biodiversità, alla tutela delle risorse naturali e del suolo. Lo stesso art. 1 ne individua le precise finalità, affermando che la legge “…promuove l’agricoltura sociale, quale aspetto della multifunzionalita’ delle imprese agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, allo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni   essenziali   da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunita’ locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate”.

Sono, generalmente, cooperative (nel 2014, le cooperative sociali nel nostro Paese erano circa 400[1]), che utilizzano il metodo di coltivazione biologico, e che si occupano della produzione e trasformazione e anche della vendita dei propri prodotti.

agricoltura sociale 1Ad oggi, purtroppo, mancano i relativi decreti attuativi e la normativa a suo tempo accolta con entusiasmo rimane inattuata.

Auspichiamo che il Governo si preoccupi quanto prima di dare corso all’iter legislativo, affinché i progetti e gli obiettivi individuati nella Legge possano essere concretamente realizzati.


[1] Per i dati sulla realtà delle cooperative agricole sociali si rimanda a www.foragri.com.

Il 2 agosto è stata approvata definitivamente la Legge per la limitazione degli sprechi alimentari, così facendo un passo ulteriore rispetto alle misure e agli obiettivi già enunciati nella Legge di stabilità 2016. Dopo il primo sì della Camera nello scorso mese di marzo, è arrivato il via libera definitivo del Senato con 181 sì, 2 no e 16 astenuti. Il nuovo provvedimento sembra concretizzare le idee e i progetti presentati durante Expo 2015, descritti nel “Piano SprecoZero”, e fa propri i principi della Carta di Milano.sprechi 3

La normativa vuole portare al recupero di 1 milione di tonnellate di cibo e donarle a chi ne ha bisogno, realizzando contemporaneamente obiettivi sociali, ambientali, economici.

Si possono donare, senza necessità di forma scritta, anche cibi e farmaci con etichette irregolari (purché le irregolarità non riguardino la data di scadenza del prodotto o l’indicazione di eventuali sostanze che provocano allergie e intolleranze). Nell’attività di prevenzione dello spreco verranno coinvolte anche le mense scolastiche, aziendali e ospedaliere, e saranno incentivate le produzioni “a chilometro zero”. Definisce per la prima volta nell’ordinamento italiano i termini di “eccedenza” e “spreco” alimentari, fa maggiore chiarezza tra “termine minimo di conservazione” e “data di scadenza”, e punta semplificare le procedure per la donazione, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e della tracciabilità

Quali sono i principali obiettivi della nuova Legge contro gli sprechi alimentari?

1) SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA Le nuove disposizioni di carattere tributario e finanziario (tagli degli adempimenti burocratici, modalità e requisiti semplificati di comunicazioni telematiche all’amministrazione finanziaria…) facilitano le donazioni.  2) RAFFORZATO IL TAVOLO INDIGENTI DEL MIPAAF. 2 MILIONI DI EURO AL FONDO PER ACQUISTO DI ALIMENTI. BANDO AGEA PER EVITARE LO SPRECO DI LATTE Al Tavolo indigenti del Mipaaf, ora potenziato, potranno partecipare anche le organizzazioni agricole, gli enti caritativi, l’industria e grande distribuzione. Inoltre, è previsto un finanziamento di 2 milioni di euro per l’acquisto di alimenti da destinare agli indigenti, oltre ad incentivare l’attività di recupero e donazione agli indigenti. Infine, è attivo il bando Agea per l’acquisto di latte crudo da trasformare in UHT e donare ai più bisognosi. 3) SOSTEGNO ALL’INNOVAZIONE: FONDO DA 3 MILIONI DI EURO AL MIPAAF Viene istituito un Fondo speciale di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, destinato al finanziamento di progetti innovativi finalizzati alla limitazione degli sprechi e all’impiego delle eccedenze, nonché per promuovere la produzione di imballaggi riutilizzabili o facilmente riciclabili. 4) INCENTIVARE CHI DONA AGLI INDIGENTI ACCORDANDO CON UNO SCONTO TARI I Comuni possono applicare un coefficiente di riduzione della Tari relativamente ad attività produttive che producono e distribuiscono beni alimentari, in caso vengano effettuate donazioni agli indigenti. 5) DEFINIZIONE DI ECCEDENZE E SPRECHI ALIMENTARI Secondo la nuova Legge, “eccedenze alimentari” sono i prodotti alimentari che, mantenendo i requisiti di igiene e sicurezza, rimangono invenduti. Per “spreco alimentare” si intendono i prodotti alimentari, agricoli e agro-alimentari, ancora commestibili, che vengono scartati dalla catena agroalimentare per ragioni commerciali, estetiche o perché in prossimità della data di scadenza. 6) DONAZIONE DEGLI ALIMENTI OGGETTO DI CONFISCA I prodotti alimentari confiscati saranno oggetto di donazione in favore degli indigenti, e in secondo luogo utilizzati come mangimi. 7) LINEE GUIDA PER LE MENSE PUBBLICHE Il Ministero della Salute potrà pubblicare delle Linee guida per gli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco alimentare connesso alle loro attività.

sprechi 2La nuova normativa contro gli sprechi alimentari punta sull’educazione e la prevenzione, anziché sull’aspetto sanzionatorio, e non rimane che attenderne l’effettiva applicazione per poter capire se davvero sia risolutiva di un problema che riguarda, purtroppo, non solo il nostro Paese.

Cannella, anice, pepe, paprika, noce moscata e quante altre spezie da tutto il mondo per insaporire i nostri piatti!

Spesso le conserviamo nei vasetti per mesi e mesi, le dimentichiamo in un angolo della cucina e magari, dopo molto tempo, ci ricordiamo di usarle e…ne buttiamo una spolveratina sul piatto! Che sia una buona idea davvero fare così?barattoli

Si è recentemente concluso un percorso di ricerca europeo sulle contaminazioni delle spezie ad uso alimentare.

Il progetto del consorzio SPICED, iniziato nel luglio 2013 e finanziato dall’Unione Europea per € 4.586.455, coordinato dal Federal Institute for Risk Assessment di Berlino, ha approfondito il problema (sottovalutato) delle contaminazioni delle spezie, sviluppando delle tecniche e pubblicando delle Linee guida per aiutare a proteggere le catene europee di produzione e distribuzione di spezie ed erbe aromatiche da contaminazioni biologiche e chimiche intenzionali, accidentali e naturali. Infatti, il rischio di contaminazione è dato innanzitutto dal fatto che le spezie sono consumate senza cottura, perché molto spesso aggiunte alle pietanze già cotte e pronte ad essere servite. Inoltre, l’intera catena di produzione e distribuzione, che inizia con la piantagione e giunge al trasporto e alla vendita, è molto lunga e di per sé esposta all’azione di agenti microbiologici e chimici. Si pensi, poi, che la maggior parte delle spezie sono importate da Paesi extra UE e per questo non soggette a controlli.

La ricerca ha riguardato le spezie più utilizzate nel mercato europeo e più vulnerabili come il pepe, la paprika, la noce moscata, la vaniglia, il prezzemolo, l’origano e il basilico.spezie1

Nuovi strumenti e tecniche

I ricercatori di SPICED, innanzitutto, hanno ideato strumenti specifici in grado di rilevare e prevenire ogni tipo di contaminazione (quelle intenzionali, accidentali e naturali), tra cui ad esempio la salmonella ed e-coli. Così, hanno potuto implementare i metodi diagnostici in loco e ad alto rendimento per rilevare le contaminazioni, per esaminare le catene di produzione e di distribuzione, per quanto riguarda i rischi biologici e chimici, e migliorare la base di conoscenze generale sui relativi rischi biologici. Hanno poi creato processi innovativi per ridurre le alterazioni chimiche e assicurare la genuinità di spezie ed erbe aromatiche, e per separare spezie ed erbe secche contaminate con microorganismi.

Linee guida per la sicurezza

L’efficacia delle tecniche e degli strumenti individuati da SPICED dipende anche dalla loro diffusione e concreta osservanza in tutti i Paesi UE, e che siano considerati quali pratiche standard di comune applicazione. A tal fine, i ricercatori del Progetto hanno elaborato e pubblicato diverse specifiche Linee guida per aiutare a differenziare contaminazioni naturali e contaminazioni intenzionali. Inoltre, sono stati raccolti dati sui metodi di decontaminazione attualmente disponibili per spezie ed erbe aromatiche e sugli stabilimenti di produzione.

Nel frattempo, a casa, ricordiamoci di fare un buon uso di quei vasetti nascosti tra il sale e lo zucchero sulla mensola della cucina!

Abbiamo recentemente pubblicato un contributo dedicato al Reg. UE n. 1169/2011, sulla normativa riguardante le informazioni al consumatore di prodotti alimentari, individuando, nella breve panoramica delle principali disposizioni, le informazioni obbligatorie e le informazioni volontarie.

Questa, come già detto, costituisce la principale disciplina in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, e di loro presentazione e pubblicità nei mercati, nei negozi, nella distribuzione, nei ristoranti… che delinea la responsabilità degli operatori del settore alimentare per la tutela del consumatore.

Parleremo, oggi, di qualcosa in più e di diverso che si può indicare in etichetta, al di là (ma, ovviamente, nel pieno rispetto) della normativa cogente ed attuale rappresentata dal Reg. UE n. 1169/2011.

Parleremo di Etichetta Trasparente Pianesiana, il cui ideatore è Mario Pianesi[1], che venne prima riconosciuto come il fondatore della Macrobiotica italiana, e dell’Associazione Internazionale “Un punto macrobiotico”.Pianesi 2

In particolare, nella convinzione che il cibo, quello giusto, potesse essere un’efficace strumento di prevenzione e di cura dalle malattie, promuoveva una dieta per i diabetici (meglio, diversi tipi di diete ma tutti basati sui medesimi principi) composta prevalentemente di cibi semplici, privilegiando i cereali integrali (riso, miglio, orzo), le verdure (cipolla, carota, verza, cavolo cappuccio, broccolo, cavolfiore, cicoria, rapa, prezzemolo, cime di rapa) e i legumi.

Nel 1980 arrivò a realizzare l’Etichetta Trasparente Pianesiana, come strumento, facoltativo ed aggiuntivo, in grado di fornire tutte quelle informazioni e notizie sul prodotto che, pur non previste come obbligatorie, possono comunque contribuire alla consapevole presa di coscienza del consumatore circa la qualità e le caratteristiche del prodotto e incidere nella sua determinazione all’acquisto.

Essa viene utilizzata nel settore alimentare ma anche nell’abbigliamento e calzature, nell’arredamento e nell’edilizia, ed è attualmente applicata da circa 1.200 aziende.

In particolare, con questa etichetta si mettono in evidenza dati e dettagli che riguardano diversi aspetti dell’intera filiera produttiva, per dare al consumatore quante più possibili informazioni sull’origine e sulle qualità del prodotto, contribuendo così ad illustrarne la storia e la profonda identità. Vengono indicati, ad esempio, le materie prime utilizzate e il loro paese di provenienza, il tipo di seme utilizzato e il relativo metodo di semina, viene spiegato il tipo di concimazione, il controllo delle erbe spontanee, la modalità di irrigazione, i trattamenti effettuati, il tipo di raccolta.Pianesi 3

Coerentemente con la profonda sensibilità per l’ambiente sempre dimostrata da Pianesi e con l’impegno per il suo rispetto, l’etichetta trasparente può indicare la quantità di acqua consumata, di energia (kcal) impiegata, di anidride carbonica emessa per quel dato prodotto. Può riportare anche informazioni di natura sociale, descrivendo il numero di persone impiegate per la realizzazione di quel prodotto, il numero di passaggi totali effettuati dal produttore al consumatore.

Ciò significa che quelle circa 1.200 aziende che ad oggi hanno liberamente adottato l’Etichetta Trasparente Pianesiana, nelle confezioni dei loro prodotti, nelle presentazioni pubblicitarie, oltre a dare le indicazioni obbligatorie e volontarie ai sensi del Reg. UE n. 1169/2011 daranno anche al consumatore delle informazioni aggiuntive che sostanzialmente rappresentano l’impatto ambientale e sociale del prodotto.

Inoltre, può contribuire a migliorare la trasparenza negli scambi del settore agroalimentare (facilitando il lavoro investigativo delle Forze dell’Ordine nella lotta alla repressione delle frodi alimentari, consentendo, attraverso le precise informazioni sull’origine, la provenienza, i passaggi intermedi, di risalire lungo la filiera), facilitare il mercato, rafforzare la fiducia dei consumatori (rendendo più consapevole il consumatore degli effetti del suo acquisto sulla sua salute e sull’ambiente), portare gli imprenditori a scelte virtuose di rispetto dell’ambiente e sfruttamento intelligente delle risorse (coinvolgendo l’impresa in scelte di sostenibilità ambientale, etica e morale per un maggiore rispetto dell’ambiente e delle persone che vi lavorano.

Pianesi


[1] Iniziò molto giovane ad interessarsi di chimica, fisica, medicina e biologia, studiando e leggendo da solo, presto integrando studi e ricerche legati all’alimentazione e alla salute con il rispetto dell’ambiente e delle risorse della terra. Iniziò a divulgare i risultati delle proprie ricerche a Macerata, città dove viveva da ragazzo, poi nel territorio italiano e negli anni 2000 anche in altri Paesi.