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Categoria: D. Lgs. n. 231-2001

L’inadeguatezza dell’Organismo di Vigilanza nell’espletamento delle funzioni ad esso assegnate, sia sotto il profilo della propria composizione sia in ordine all’effettività dell’attività di vigilanza e controllo espletata, è un tema molto dibattuto, di recente, nei tribunali italiani. Tra i casi più conosciuti rientra quello della Banca Popolare di Vicenza.

Come già evidenziato in un nostro precedente articolo,  non è sufficiente dotarsi di un modello di organizzazione e gestione se questo poi è inefficace ed inidoneo a tutelare l’ente dai rischi della commissione di illeciti.

L’autonomia e l’indipendenza dell’Organismo di Vigilanza

Affinché il Modello 231 possa svolgere le sue funzioni è assolutamente necessario, per l’ente, dotarsi di un Organismo di Vigilanza che rispetti i requisiti di autonomia e indipendenza nell’espletamento delle funzioni e dei poteri allo stesso assegnati dall’art. 6, co. 1, lett. b) del D. lgs. 231/2001.

In altri termini, il Modello 231 che non abbia previsto un Organismo di Vigilanza dotato di autonomi ed effettivi poteri di controllo è inidoneo a fungere, per l’ente, da esimente per la responsabilità da reato.

Il D. lgs. 231/2001, però, non fornisce indicazioni precise e puntuali in ordine alla composizione dell’Organismo, ad eventuali incompatibilità dei suoi componenti con altre cariche rivestite all’interno dell’ente né in ordine ai rapporti e alla distanza che l’Organismo di Vigilanza deve avere rispetto all’organo dirigente dell’ente stesso.

organismo di vigilanza banca popolare di vicenza

Il  vuoto normativo, come spesso accade, è stato colmato dalla giurisprudenza, ormai granitica sul punto, la quale ritiene che affinché possa dirsi che l’Organismo di Vigilanza operi in piena autonomia e indipendenza è necessario che: (i) venga esclusa ogni forma di coincidenza o commistione tra organo controllante e organo controllato; (ii) sia esclusa qualsiasi forma di ingerenza dell’organo di vertice nei confronti dell’Organismo; (iii) non siano assegnati ai componenti dell’Organismo compiti operativi all’interno dell’ente in aree a rischio di commissione di reati.

Le nuove Linee Guida di Confindustria

Un altro importante punto di riferimento per gli addetti ai lavori, sono le “Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231”, da ultimo aggiornate nella versione dello scorso 21 giugno.

Sin dalla loro prima pubblicazione, infatti, tali Linee Guida hanno fornito importanti indicazioni operative per la formazione del modello di organizzazione e gestione e per il suo funzionamento.

La sentenza del Tribunale di Milano su MPS

La sentenza del Tribunale di Milano sulla nota vicenda dei “derivati MPS” (Tribunale di Milano, sezione II, 7 aprile 2021) pone l’attenzione su molteplici questioni rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti prevista dal d.lgs. 231/2001.

Invero, il Tribunale di Milano, nel richiamare i principi di ordine generale in tema 231, si sofferma in particolare sulla responsabilità dell’Organismo di Vigilanza, il quale avrebbe assistito “inerte agli accadimenti, limitandosi a insignificanti prese d’atto, che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe scongiurato”.  

Elementi essenziali di un Modello 231

La sentenza tuttavia tratta anche due temi di assoluto rilievo per l’imprenditore, ovvero l’inadeguatezza del Modello 231 e la mancata effettività dello stesso.

Dalla narrazione dei fatti processuali, emerge in modo chiaro come la struttura del Modello 231 di MPS fosse manchevole. Infatti, la società incaricata di valutare il Modello 231 adottato, con particolare riferimento agli illeciti di ostacolo all’Autorità di Vigilanza, aveva rilevato “plurime criticità e manchevolezze” e aveva quindi suggerito:

“1) l’integrazione del modello, mediante illustrazione delle modalità di possibile perpetrazione dei

reati nonché indicazione dei presidi di controllo in essere per ogni attività c.d. sensibile;

2) l’aggiornamento del codice etico, da rendere parte integrante del compliance program;

3) la predisposizione di protocolli di parte speciale atti a prevenire la commissione dei reati

presupposto, che chiarissero per ogni unità organizzativa gli illeciti teoricamente perpetrabili, i

presidi di controllo in essere, i principi di comportamento da tenere e i riferimenti alla

normativa interna aziendale di disciplina della materia.”

In seguito a questo, MPS aveva deciso, previo parere favorevole dell’Organismo di Vigilanza, di dare corso ad un profondo lavoro di aggiornamento del Modello 231.

È tuttavia interessante evidenziare come il Tribunale di Milano abbia ritenuto che, prima dell’aggiornamento del Modello 231, la banca fosse sostanzialmente “sprovvista di accorgimenti organizzativi concretamente idonei a prevenire il rischio criminoso”. In altri termini, l’assenza di presidi di controllo, la mancanza di protocolli di parte speciale e l’assenza di flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza renderebbero un Modello 231 inefficace.

Con la Circolare 4 settembre 2020 n. 13, i Ministeri del Lavoro e della Salute hanno fornito una serie d’indicazioni e di chiarimenti sulla sorveglianza sanitaria dei lavoratori fragili e sulle visite mediche obbligatorie.

Nello specifico, la circolare ha cercato di chiarire il concetto di fragilità evidenziando che la “fragilità” va individuata nelle condizioni di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto. Pertanto, il solo parametro dell’età non è elemento sufficiente per definire uno stato di fragilità.

La circolare in oggetto, inoltre, fornisce alcune indicazioni operative, prevedendo che ai lavoratori debba essere assicurata la possibilità di richiedere al proprio datore di lavoro l’attivazione di adeguate misure di sorveglianza, in ragione dell’esposizione al rischio Covid-19, in presenza di patologie con scarso compenso clinico (a titolo esemplificativo si citano malattie cardiovascolari, respiratorie, metaboliche). In particolare, le richieste di visita dovranno essere corredate da documentazione medica relativa alla patologia diagnosticata, con modalità che garantiscano la riservatezza, a supporto della valutazione del medico competente.

Inoltre, la sorveglianza sanitaria dovrà essere garantita anche laddove il datore di lavoro non è tenuto alla nomina del medico competente. In tale ipotesi, ferma la possibilità di nomina del medico competente, ai fini della massima tutela dei lavoratori fragili, su richiesta dei lavoratori o delle lavoratrici, il datore di lavoro può inviare gli stessi ad effettuare la visita all’INAIL, alle ASL o ai dipartimenti di medicina legale e di medicina del lavoro delle Università. Ai fini della valutazione della condizione di fragilità, il datore di lavoro dovrà fornire al medico incaricato di emettere il giudizio una dettagliata descrizione della mansione svolta dal lavoratore o dalla lavoratrice e della postazione/ambiente di lavoro dove presta l’attività, nonché le informazioni relative all’integrazione del documento di valutazione del rischio, in particolare con riferimento alle misure di prevenzione e protezione adottate per mitigare il rischio da Covid-19, in attuazione del Protocollo condiviso del 24 aprile 2020.

Negli ultimi anni il settore agroalimentare ha assunto sempre più rilevanza non solo per i consumatori, ma anche per il Legislatore che, già a partire dal 2015, aveva elaborato un disegno di legge di riforma dei reati agroalimentari, poi andato scemando.

L’esigenza di intervenire in tale settore è determinata dal fatto che l’attuale mercato degli alimenti appare inevitabilmente dominato dalle multinazionali del settore, soggette alla globalizzazione e a continue aggregazioni societarie che comportano un aumento di investimenti nel settore, rendendolo il principale referente criminologico.

Appare dunque evidente che, anche in tale ambito, possono configurarsi attività imprenditoriali scorrette unicamente volte ad aumentare i profitti dell’ente, violando prescrizioni che regolamentano la produzione, conservazione e vendita dei prodotti alimentari.

Pertanto, risulta necessario prevedere la responsabilità anche delle persone giuridiche (enti, società…) per i cd. reati agro-alimentari che tuttavia, sebbene configurino condotte criminose di rilevante portata, ad oggi non rientrano nel novero dei reati presupposto per la responsabilità amministrativa degli enti, di cui al Dlgs. 231/01.

Il nuovo disegno di legge

Alla luce di quanto sopra, lo scorso 25 Febbraio 2020, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Ddl n. 283 rubricato “Nuove norme in materia di reati agroalimentari”, che è stato presentato alla Camera in data 6 Marzo 2020 ed è stato assegnato alla Commissione Giustizia per l’esame in sede referente il 23 Aprile 2020.

La riforma introduce una riorganizzazione sistematica della categoria dei reati in materia alimentare, contemplando anche nuove fattispecie delittuose e incidendo sulla responsabilità amministrativa dell’ente.

Le nuove fattispecie di reato

Il Ddl interviene in modo organico sia sulla legge di riferimento, L. 283/1962, sia sul codice penale, anche mediante la contemplazione di nuove fattispecie delittuose tra cui il “reato di agropirateria” (art. 517 quater 1 c.p.) e di “disastro sanitario” (art. 445 bis. c.p.).

Nello specifico, il reato di agropirateria è volto a reprimere tutti quei comportamenti criminosi e dannosi che compromettono il prodotto alimentare ab origine, come ad esempio le condizioni degli animali, l’uso di prodotti chimici ecc.

Con riguardo, invece, al delitto di disastro sanitario esso si staglia come ipotesi aggravata e autonoma di singoli mini- disastri pregiudizievoli per la salute, dai quali sia derivata: a) la lesione grave o la morte di 3 o più persone; b) il pericolo grave e diffuso di analoghi eventi ai danni di altre persone.

La responsabilità da illecito alimentare nel modello 231

Il summenzionato Ddl prevede l’introduzione dei reati agro-alimentari nel catalogo dei reati presupposto. In particolare, dalle Linee Guida del disegno di legge si desume che l’intervento del legislatore è finalizzato non solo ad allargare il novero dei reati presupposto, ma altresì ad incentivare l’applicazione concreta delle norme in tema di responsabilità degli enti, nonché a favorire l’adozione e l’efficace attuazione di più puntuali modelli di organizzazione e di gestione da parte delle imprese anche di minore dimensioni.

In particolare, è prevista la scomposizione dell’art. 25 bis del D.Lgs. 231/01 in tre nuovi e distinti capi:

  • Art. 25 bis. 1: che rimane dedicato ai “Delitti contro l’industria e il commercio;
  • Art. 25 bis 2 rubricato “Delle frodi in commercio di prodotti alimentari”, punito con la sanzione pecuniaria tra le 100 e le 800 quote, oltre che con l’applicazione di sanzioni interdittive temporanee limitatamente ai soli casi di condanna per il reato di agropirateria;
  • Art. 25 bis 3 rubricato “Dei delitti contro la salute pubblica” punito con la sanzione pecuniaria ricompresa tra le 300 e 1000 quote, oltre che l’applicazione di sanzioni interdittive temporanee nei casi di condanna per tutte le fattispecie ivi menzionate secondo una durata definita sulla base della gravità dell’illecito commesso.

Altresì, con riferimento agli artt. 25 bis.2 e 25 bis.3 è prevista la possibilità di ricorrere all’applicazione nei confronti dell’ente della più grave misura dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività “nel caso in cui lo scopo unico o prevalente dell’ente sia il consentire o l’agevolare la commissione dei reati sopra indicati”.

Infine, il Ddl prevede l’introduzione dell’art. 6 bis, speciale rispetto all’art. 6 del D.Lgs. 231/01.

Tale disposizione detta una particolare disciplina da applicare solo alle imprese alimentari, prevedendo standard personalizzati per la creazione e l’implementazione di un Modello 231 integrato e, in particolare, per l’assolvimento di tre classi di obblighi eterogenei:

  1. Obblighi a tutela dell’interesse dei consumatori (art. 6bis lett. a) e b) D.Lgs. 231/01)
  2. Obblighi a protezione della genuinità e sicurezza degli alimenti sin dalla fase originaria di produzione (art. 6 bis lett. c), d) ed e) del D.Lgs. 231/01)
  3. Obblighi in merito agli standard di monitoraggio e controllo (art. 6 bis. lett. f) e g) D.LGS. 231/01)

Come muoversi nel frattempo?

Ad oggi, non ci è dato sapere quando la legge entrerà in vigore. Tuttavia, nonostante l’incertezza, un aspetto è chiaro: il settore agro-alimentare, al pari di altri, per il suo florido dinamismo può essere terreno fertile per la commissione di diversi reati. Non si può escludere a priori la responsabilità della società per gli stessi, soprattutto se la medesima non si è dotata di un adeguato Modello 231.

Non aspettate la riforma per implementare all’interno delle vostre Società un Modello 231: prevenire è meglio che…. pagare!